Molestie Sessuali

Questa pagina è stata aggiornata il 10-12-2023

Molestie Sessuali

Secondo l’articolo 26 del Codice delle pari opportunità, sono considerati molestie sessuali quei “comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore, e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo”. Questi comportamenti sono considerati come discriminazioni. 

Qualsiasi trattamento sfavorevole al lavoratore che si verifichi come conseguenza del rifiuto o della sottomissione a molestie o molestie sessuali è considerato una discriminazione, così come i trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro  in reazione a un reclamo o a un’azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.

Oltre al Codice delle pari opportunità, la molestia sessuale è vietata dal codice civile (art. 2087) nella forma del mobbing, e dal codice penale come violenza sessuale (art. 609bis del codice penale), stalking (art. 612 del codice penale inserito nella legge num. 38 del 23 aprile 2009), molestia o disturbo alle persone (art. 660 del codice penale) e ingiuria (art. 594 del codice penale). 

 

Secondo l’articolo 2087 del codice civile, il lavoratore ha diritto a un risarcimento se la sua integrità fisica e personalità morale sono state danneggiate dal datore di lavoro o dai colleghi. E’ dovere del datore di lavoro adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore. L’imprenditore è perseguibile per le azioni dei suoi dipendenti in violazione del contratto nel caso in cui non si sia impegnato a prendere tutte le misure necessarie a evitare o fermare la molestia sessuale.

Gli articoli 37-38 del Codice delle pari opportunità prevedono specifiche forme di ricorso per le vittime di discriminazione, inclusi gli atti di molestia sessuale. Questi articoli stabiliscono una procedura di urgenza, secondo la quale il lavoratore può chiedere davanti al tribunale un risarcimento al datore di lavoro o all’autore della discriminazione. Il giudice può ordinare all’autore della discriminazione di interrompere immediatamente la condotta discriminatoria (molestia o molestia sessuale). Se il datore di lavoro o l’autore della discriminazione non rispettano la richiesta del tribunale, può essere richiesto il pagamento di una multa di circa 50mila euro e sei mesi di carcere.

Fonte: Legge 20 maggio 1970 - Statuto dei lavoratori; Decreti Legislativi 9 luglio 2003, n. 215 e n. 216; Decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 - Codice delle pari opportunità tra uomo e donna; Codice Civile; Codice Penale

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